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Buongiorno

20.12.2018 - Buongiorno Italia

Doveroso Elogio di Sua Maestà la Ricetta scritta a stampatello

Ma chi l’ha detto che tutti i nostri attuali governanti Cinquestelle sono del genere Toninelli, ovvero incompetenti totali e impenitenti? Una smentita illuminante e fresca di giornata arriva dal ministro della Salute, Giulia Grillo. Ma non perché sia medico e deve giocoforza avere – come usa dire – almeno una preparazione di base in campo sanitario. Abbiamo avuto in passato ottimi ministri della Giustizia che non erano dottori in Giurisprudenza: un esempio per tutti, Claudio Martelli, laurea in Filosofia e docente universitario (di Filosofia). Un buon ministro è tale se ha capacità di lettura “politica” dei problemi. Poi si sceglie tecnici competenti per il suo staff e il gioco è fatto.

La ministra Grillo ha dimostrato di avere senso politico delle cose. Ed ha appena avviato una piccola grande rivoluzione, anche se può apparire sproporzionato riferire un termine così impegnativo ad un aspetto oggettivamente marginale rispetto alla complessità dei problemi del nostro sistema sanitario. Epperò, nella sintassi politica, sono eventi rivoluzionari anche i tentativi di stravolgere modelli culturali negativi duri a morire, e che peraltro creano disagi – talvolta anche veri e propri infortuni – nella filiera medico-sanitaria.

Veniamo al dunque. La ministra ha emanato una “raccomandazione” rivolta ai medici affinché le prescrizioni dei farmaci vengano fatte con la dovuta chiarezza: ossia non facendo uso di acronimi, abbreviazioni, sigle e simboli non standardizzati e, soprattutto, ovviando alla incomprensibilità della grafia con la scrittura in stampatello.

Eccolo il punto dolente: la grafia dei medici nella stesura della diagnosi e della terapia. Un tempo lontano, almeno negli ambienti più emarginati e quando le medicine non erano ben confezionate come lo sono oggi con tanto di fogli illustrativi, e addirittura recavano soltanto il nome della molecola, si riteneva che i medici prescrivessero i farmaci in maniera incomprensibile per non renderne edotti i pazienti: ovvero per il timore che in seguito l’ammalato provvedesse da sé, e che quindi il medico perdesse il paziente. Una falsa credenza, naturalmente.

La verità sostanziale era molto più semplice. La grafia incomprensibile del medico era in qualche modo il parametro della sua cifra professionale: meno ti fai capire, più sei ritenuto bravo. Un po’ come è accaduto per decenni con il linguaggio dei politici: fino a quando la gente non ha capito che in quel modo di parlare non c’era niente da capire ed ha provveduto come sappiamo.

Sono anni, ormai, che i medici di base si comportano “civilmente”: prescrivono scrivendo al computer. Chiarissimi, limpidissimi, trasparenti. Il problema insorge quando a prescrivere non è direttamente il medico di famiglia. Ma il Luminare, il Professorone, o il semplice specialista al quale ci siamo rivolti perché il nostro stesso medico, responsabilmente, ci ha consigliato di farlo. Apriti cielo: niente computer, nemmeno l’ombra della vecchia Olivetti. Tutto rigorosamente “a mano”. E che mano! Non ci sto scherzando su. È un problema enorme. È da incubo non riuscire a comprendere cosa c’è scritto su quei ricettari. La sola cosa che si capisce, perché prestampata, è la lunghissima sfilza di specializzazioni, incarichi, sottoincarichi, pinzillacchere e quisquilie che accompagnano il Dott. Prof. rimarcati in caratteri cubitali. Il resto è buio, è lingua aramaica, è cinese, è Cusan Gin.

Un problema enorme. Prendete un ipocondriaco confesso come il sottoscritto, che vuole sapere tutto di tutto per ogni minimo sintomo di malattia a prescindere da se si tratti o meno d’una condizione patologica e non piuttosto di un alito di vento arrivato sulla fonte di traverso: pensate sia facile gestirne una crisi vagale senza fargli leggere per filo e per segno un trattato di semeiotica medica?

Sì, certo: questo è un caso limite. E allora facciamo un esempio diverso, molto più pratico e realistico. Mettetevi nei panni di un povero farmacista che legge e rilegge la ricetta scritta dal luminare o presunto tale in geroglifico, altrimenti detto – in senso figurato e spregiativo – “scarabocchio”. Mettetevi nei panni di quel povero malcapitato mentre prova e riprova inutilmente a interpretare il nome del farmaco, a contorcersi manco fosse sotto attacco epilettico, magari con gli occhi del paziente puntati addosso che sembrano dire: “Ma chi gliel’ha dato, a questo, il diploma di laurea!”. Può accadere oppure no, Signore e Signori, che il farmacista vi dia un medicinale “simil-prescritto” pur di evitare lo sguardo schifato del paziente in preda all’impazienza?

Certo che può accadere: è accaduto tante volte. Sicché – se non stai addentro alle cose della Medicina – ti becchi il farmaco sbagliato, fai la terapia sbagliata e, se ti va bene, guarisci naturalmente: ovvero hai speso soldi e tempo inutilmente, per di più rischiando gli effetti tossici e collaterali della “molecola” ingerita per il colpevole combinato disposto luminare-geroglifico-farmacista.

E allora? Allora ben arrivate le disposizioni della ministra Grillo. Mai tanto Grillo “Parlante” - verrebbe da dire – nell’accezione di “coscienza critica” delle più inutili, e insieme banali, ostentazioni di prestigio della professione medica.

Nota a margine. Se proprio non ce la fanno – Professoroni e Simil Tali – a scendere a patti con l’uso del computer, o più semplicemente con lo stampatello, perché magari, a furia di scriver male, si son scordati come si fa, bene: assumano una segretaria dedicata allo scopo. Tanto, per quel che si beccano in dieci minuti di lavoro, possono consentirsela e tanto più.