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Buongiorno

29.03.2017 - Buongiorno Irpinia

Giovani e lavoro in Irpinia: Cantone ne sa poco, anzi niente

Buongiorno, Irpinia. Lunedì, all’incontro con gli studenti di Sant’Angelo dei Lombardi, il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha detto moltissime cose giuste – parlando della materia di cui di certo è competente – ma ha clamorosamente toppato quando ha invitato i giovani “a non perdere la fiducia” perché “in Irpinia si può lavorare”.
Giulia D’Argenio, che è una giovane con laurea e dottorato da 110 e lode, ha commentato l’ottimismo di Cantone su Orticalab di ieri (ve ne consiglio la lettura) smontando pezzo per pezzo il teorema del presidente dell’Anticorruzione, con un ragionamento documentato che non concede possibilità d’appello. E si badi: in lei non si legge la rabbia della giovane che si è sacrificata sui libri ed è costretta ad assistere oggi, impotente, alla pratica della “raccomandazione” che nel pubblico, e diffusamente perfino nel privato, resta la sola strada che ti consente di lavorare. Giulia va molto oltre, dove, purtroppo, Cantone ha dimostrato di non volere arrivare: ella va alle radici del male irpino, che sono radici tutte, profondamente politiche.
Va aggiunta una sola considerazione.
E’ sempre opportuno dare ai giovani un messaggio di speranza. Ma il presidente dell’Anticorruzione ha dato un messaggio sbagliato. Perché, ignorando del tutto la realtà irpina, ha lasciato credere che qui esistono le pre-condizioni per poter lavorare: ovvero un tessuto politico, amministrativo e imprenditoriale eticamente sano, dove – prima ancora del merito e del sacrificio – viene riconosciuto e premiato il lavoro come fattore indispensabile della produzione.
Evidentemente ignora, Cantone, che in questa provincia dall’apparenza quieta e civile, vincono i concorsi “per merito” una sparuta minoranza di eroi mentre la stragrande maggioranza dei posti è riservata agli amici degli amici rigorosamente selezionati dai baroni.
Ignora, Cantone, che nel privato accade anche peggio di quanto accade nel pubblico. Non il privato Fiat o delle altre grandi aziende nelle quali il “minimo sindacale” è comunque controllato e garantito. E’ nel privato dell’Irpinia Doc – quella degli imprenditori cafoni arricchiti, dei commercianti accorsati, dei ristoratori dell’etica tanto al chilo – che lo sfruttamento rinvia alle aree più incivili del globo. Qui una commessa guadagna trecento euro al mese, altrettanto o poco più elemosina un giovane laureato costretto alla sub-occupazione, e può dirsi miracolato chi arriva a 900-1000 euro, mettendoci però dentro ore giornaliere di straordinario e ferie non godute e non godibili, per di più con tanto di firma sotto buste paga gonfiate che recano sul frontespizio un “avvertimento” non scritto ma assordante che suona pressappoco così: “O t’accontenti, firmi e stai zitto, oppure bye bye: per te che rinunci ce ne stanno altri dieci in lista d’attesa”.
Grazie per le belle parole, dottor Cantone, ma Lei dell’Irpinia non ha capito assolutamente niente.