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Buongiorno

12.12.2018 - Buongiorno Irpinia

In ricordo di Pietro Foglia. Un galantuomo

Una volta gli dedicai una delle Siringhe firmate da Mila Martinetti. Mi telefonò di buon mattino, l’aveva appena letta. Nel suo inconfondibile accento baianese mi disse: “Ma quant’ si strunz’!”. E scoppiò a ridere. Poi cominciò a spiegarmi perché aveva fatto quella determinata cosa oggetto del corsivo. E non la finiva più di parlare. Per farlo smettere, dovetti dire, mentendo, che – sì – aveva ragione lui.

Ora che Pietro Foglia se n’è andato – così in silenzio, così tanto dignitosamente – mi è venuta naturale la domanda di come sia stato possibile, per me che ho mandato a quel paese un esercito di politici, non aver mai avuto un benché minimo screzio con lui. Mai. Prima di lui era capitato soltanto con Salverino De Vito. E la circostanza spiega tutto, la risposta vale sia per l’uno che per l’altro: erano – dal mio punto di vista – due galantuomini. Diversi nel modo di essere e di porsi, ma molto simili nell’interpretazione della funzione politica. Il litigio, con loro due, bisognava inventarselo: parlo di me nella veste di giornalista, naturalmente.

Oltre tutto, Foglia era cresciuto e maturato alla scuola del sano pragmatismo di De Vito. Il dopoterremoto al fianco del maestro fu la sua palestra. Qui si esercitò nella difficile arte della politica applicata, quella che studia i problemi sul campo, per poi tradurli in soluzioni sul piano tecnico-legislativo.

Chi non ha conosciuto Foglia in quegli anni non potrà mai comprendere fino in fondo quanta dedizione egli ha profuso per questa terra martoriata dal terremoto. Un lavoro costante e oscuro, che Pietro avrebbe potuto “vendersi” attaccandosi i meritati gradi sul petto. Ma egli credeva sinceramene nel primato della politica, e per tanti anni – quegli anni – ha svolto correttamente e con intelligenza il suo ruolo restando sempre in seconda fila, mai invadendo la prima riservata ai politici.

Il resto è storia nota. Ha ricoperto con competenza e passione la carica di presidente del Consiglio regionale, ha ottenuto un largo consenso alle politiche del 4 marzo, anche se lo tsunami Cinquestelle gli ha sbarrato la strada verso Montecitorio.

Poi la malattia. Mesi di silenzio. L’opzione finale per la riservatezza, il dolore ermeticamente chiuso tra le mura domestiche, come si conveniva ad una persona di grande dignità come lui. Nessuna concessione alla retorica: una Bella Persona davvero.

Ciao, Amico Pietro.