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Buongiorno

06.11.2019 - Buongiorno Irpinia

L’Irpinia e il Sud continuano a perdere posti di lavoro. Deve salvarci la Lega?

Se dovesse andare a fondo l’Ilva di Taranto, dopo l’annunciato ritiro della ArcelorMittal, se ne andrebbe via anche un pezzo d’Irpinia, con lo stabilimento di Luogosano di proprietà degli stessi industriali indiani.

Si dirà: ma cosa volete che siano i 60 posti di lavoro della fabbrica irpina al confronto con i 10.700 dipendenti dell’Ilva che rischiano di finire sul lastrico?

In valore assoluto sono niente. In termini relativi all’Irpinia, anche a voler a prescindere dal valore umano pur d’un solo lavoratore, sono tantissimi. Sono i 60 che si aggiungono ai 70 dell’indotto diretto Whirpool di Sant’Angelo dei Lombardi e degli altri 130 indiretti dello stesso indotto.

Sono, così, 260 che a loro volta si sommano alle altre centinaia e centinaia perse nel debole tessuto produttivo di questa provincia a seguito della grande crisi, e delle centinaia ancora che siamo destinati a perdere perché, volente o nolente, il Mezzogiorno d’Italia è in recessione e l’Irpinia fa parte delle aree attualmente più critiche del Sud.

Sarebbe fuori luogo e fin troppo comodo scaricare le responsabilità sulle istituzioni locali, a cominciare dalla Regione, come goffamente da qualche versante partitico pure si sta facendo. Le politiche industriali sono competenza dei governi centrali. Così come dei governi centrali è la competenza degli interventi infrastrutturali, che rappresentano la precondizione di ogni processo di sviluppo industriale.

La verità è nell’analisi Svimez. La verità è che il Sud continua ad essere penalizzato. La verità è che a penalizzarlo sono stati, chi più chi meno, i governi di tutti i colori politici che si sono succeduti da tempo ormai immemorabile.

Dopo il fallimento anche dei 5Stelle, dovremmo forse affidarci alla Lega, cioè al Nord? Corriamo questo rischio. Il dramma nel dramma è che Pd e la Varia Umanità di Sinistra e di Centro a diverso titolo e dei grillini d’ogni tendenza ancora non se ne rendano conto. Una simile eventualità sarebbe non soltanto la loro sconfitta, ma anche la resa culturale dell’intera classe dirigente “non politica” del Mezzogiorno.