menu

Buongiorno

08.10.2018 - Buongiorno Irpinia

Moralità, Storia e Memoria: Rosetta D’Amelio inciampa tre volte

Sempre più spesso, negli ultimi tempi, la presidente del Consiglio regionale, Rosetta D’Amelio, dimentica di ricoprire un ruolo istituzionale alto e prestigioso e si lascia andare ad esternazioni e azioni decisamente fuori dalle regole elementari del galateo politico.

È vero che lo stile è come il coraggio: se non ce l’hai, non puoi inventartelo. Epperò è altrettanto vero che mezzo secolo di militanza tra Pci, Pds, Ds e Pd dovrebbe essere più che sufficiente, anche nei casi disperati, per mandare a memoria come ci si comporta in pubblico per evitare figuracce con la storia politica e con il proprio passato.

Il fatto. A margine della Festa dell’Unità a Lioni, la D’Amelio ha attaccato a testa bassa il deputato del suo stesso partito, Umberto Del Basso de Caro, che peraltro è l’unico parlamentare Pd rieletto nel collegio proporzionale Irpinia-Sannio, con una frase più degna d’una cameriera d’osteria che della presidente del Consiglio regionale, carica ricoperta anche grazie alla benevolenza del deputato beneventano.

La frase, riferita al contesto delle polemiche interne al Pd per la scelta del candidato alla presidenza della Provincia, ha senso spregiativo ed è la seguente: “... Del resto c’è chi viene dal Craxismo e chi dal Partito Comunista e dalla Democrazia Cristiana, partiti di massa”.

Ora, è del tutto evidente che la Signora D’Amelio ignora la storia politica italiana oppure la legge, ripeto il concetto, con la sensibilità culturale d’una lavapiatti di trattoria, con tutto il rispetto per chi non ha avuto l’opportunità di dedicarsi allo studio.

Immagino, tuttavia, che la D’Amelio non voglia riferirsi al Craxismo come corrente di pensiero e indirizzo politico contemporaneo, dinanzi al quale non potrebbe che inchinarsi, considerato che Bettino Craxi è stato l’unico vero, grande leader italiano degli ultimi 40 anni.

È verosimile, invece, ch’ella rinvanghi la Questione Morale riconducibile a Craxi attraverso le vicende di Tangentopoli e di Mani Pulite. E qui la presidente D’Amelio casca di brutto e peggio di un asino, perché la storia processuale di Mani Pulite ha condannato ampiamente la Dc e in parte il Pci (che non era al governo) in misura eguale e addirittura superiore al Psi.

E, allora, di cosa ciancia la D’Amelio? Prima d’essere un politico e deputato, Umberto Del Basso de Caro è avvocato di grande spessore professionale Figurarsi se possa aver bisogno della “difesa d’ufficio” del sottoscritto. Epperò avverto il dovere civile di “testimoniare” cronachisticamente a suo favore in questa pessima caduta di stile della D’Amelio.

Il primo dato di cronaca si riferisce al periodo 2010-2013. In quei tre anni, Umberto Del Basso de Caro è stato capogruppo Pd in Consiglio regionale. La D’Amelio faceva parte di quel gruppo. Con quale coerenza morale ubbidiva al suo capogruppo “proveniente dal Craxismo” lei che veniva invece dal Partito Comunista?

Il secondo dato ci riporta alle elezioni regionali del 2015. Da due anni, eletto alle politiche del 2013, Del Basso de Caro aveva lasciato il Consiglio regionale per la Camera dei Deputati, ricevendo la nomina di Sottosegretario al Ministro delle Infrastrutture, incarico che ha ricoperto per l’intero quinquennio.

Durante la campagna elettorale 2015, Del Basso de Caro fu il principale sostenitore della D’Amelio, fu certamente l’artefice del suo successo. E lei, la D’Amelio, che oggi ha perso la memoria, era decariana tutta d’un pezzo. Fino a quando non tradì il deputato di Benevento per iscriversi alla corte del Governatore De Luca, e passi pure, ma anche di Ciriaco De Mita, e questo non può passare.

Ordunque, al di là dei dettagli, come mai ai tempi di quella campagna elettorale, e subito dopo in occasione della scelta del presidente del Consiglio regionale, cui Del Basso de Caro pure contribuì a sostegno della D’Amelio, la Rosetta de noiantri non si disturbava lo stomaco a contatto con i “craxisti”?

Ma c’è di più, e riguarda il Craxismo nell’accezione sbagliata che l’ignoranza storica e politica della D’Amelio conferisce al termine, ossia la Questione Morale e Giudiziaria esplosa con Tangentopoli.

Come fa la D’Amelio ad ergersi a giudice della moralità politica altrui quando tra i suoi compagni di cordata del congresso provinciale Pd farsa, per di più celebrato con un terzo del partito e con un paio di migliaia di tessere on line fatte in due giorni, figurano condannati a sette anni per truffa ai danni del Servizio Sanitario della Regione del cui Consiglio ella è presidente, e rinviati a giudizio per truffa ai danni dello Stato?

Forse è ora che la D’Amelio smetta di usare gli “ismi”, specie quando ne ignora il significato, e provi a fare, insieme, un esame di coscienza e di memoria: il primo per mantenere alto il profilo dell’etica in politica; il secondo per evitare di sputare nel piatto in cui ha mangiato. Lo ha già fatto con Bassolino prima e con Lucio Fierro dopo. Può bastare: ne è sazia perfino la storia.