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Buongiorno

07.07.2018 - Buongiorno Irpinia

Un presidente per il Consiglio comunale di Avellino: tra Petitto e Ambrosone il migliore è... Maggio

Com’era prevedibile, si combatte già a colpi di sciabola nella Grande Ammucchiata che ha fatto naufragare il sogno dell’avvocato Nello Pizza di diventare sindaco di Avellino. Il centrosinistra – questo centrosinistra – non solo non ha compreso la lezione del 4 marzo e del 24 giugno, quant’anche caparbiamente rifiuta l’idea che la musica è cambiata. Sicché continua imperterrita a leggere il vecchio spartito emettendo suoni decisamente stonati.

Bisogna eleggere il presidente del Consiglio comunale. Il quale, come tutti sanno, ha una funzione molto importante. Se è bravo e imparziale, il cero si consuma ma intanto la processione cammina.

Diversamente, accade ciò che in originale recita l’adagio.

Nella Grande Ammucchiata non c’è accordo. O meglio, manca l’accordo soprattutto nei vari gruppi Pd presenti sotto diverse bandiere e bandierine. Il gruppo che fa capo a Del Basso de Caro è indeciso tra Livio Petitto ed Enza Ambrosone. Quello che fa capo a Gianluca Festa vorrebbe Ugo Maggio.

Una rapidissima analisi porta alle seguenti considerazioni. Livio Petitto è stato un ottimo presidente del Consiglio: capace, attento, autorevole. Epperò oggi mal si concilierebbe con un contesto amministrativo radicalmente mutato.

Improponibile è Enza Ambrosone. Non perché non abbia i titoli giusti. Ma un soggetto politico che si auto-propone per troppe cose finisce inevitabilmente con l’indebolire la propria immagine e la propria valenza politica. I tuttologi son passati di moda. La Ambrosone si è proposta prima come candidata sindaca; poi – se avesse vinto Pizza – come vicesindaco; poi ancora almeno come assessore. Una carica comunque, insomma, purché sia una carica. Vi pare serio? In ogni caso, sarebbe anch’ella “estranea” al contesto disegnato dal voto del 24 giugno, molto caratterizzato dalla supremazia d’un sindaco 5 Stelle. Per di più, a differenza di Petitto, Ambrosone ha l’aggravante d’un percorso non proprio coerente: quando era nell’Udc, l’Udc schierata nel centrodestra, diceva le stesse cose che dice oggi nel Pd, quel Pd che avrebbe tanto bisogno d’una abbondante verniciata di centrosinistra. Come la mettiamo?

Paradossalmente, la figura più idonea a svolgere quel ruolo, nelle condizioni date, è proprio la persona (per esperienza e soltanto per esperienza) meno attrezzata rispetto alle altre due: ovvero Ugo Maggio. Perché la scelta, oggettivamente, non può prescindere da ciò che è accaduto il 4 marzo e il 24 giugno. Tra campo della conservazione e campo del cambiamento, Ugo Maggio, cioè gruppo di Gianluca Festa, è lontano dal primo e prossimo al secondo. In altre parole, è molto più adeguato di Petitto e Ambrosone per interpretare l’orientamento politico espresso dagli avellinesi.

D’altra parte, e infine, o il Pd si muove in questa direzione, lasciandosi alle spalle – a Roma come ad Avellino – il modello di uomini e di gestione che lo ha portato alla rovina, oppure la sua rinascita, che pure sarebbe indispensabile per ripristinare gli equilibri politici del Paese, resterà una chimera. E il popolo Pd, demoralizzato e silenzioso ma ancora vivo e vegeto, non lo meriterebbe.