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Buongiorno

28.03.2023 - Buongiorno Irpinia

25 anni dalla scomparsa / In ricordo di Peppino Pisano

IL COMPAGNO DI BANCO

- di Carmine Cioppa -

Sono 25 anni, un quarto di secolo, che Peppino Pisano ci ha lasciati.
Saranno in tanti a ricordarlo, con l’eccezione, spererei di no, di una classe politica distratta e indifferente.
Uomo di cultura a tutto tondo, ha spaziato dalla letteratura alla storia, dalla scienza alle arti, dallo sport alla poesia, alla politica fino alla musica, perché, come è stato ricordato, era “un curioso e dunque sempre più colto”.
Un’ attività intensa e passionale, la sua, in una vita, purtroppo, molto breve. Giornalista di rara finezza ha lasciato un’impronta indelebile della sua profonda cultura umanistica, nella vasta produzione per le principali testate, “La Stampa”, “La Repubblica”, “La Gazzetta dello Sport” ed “Il Mattino”, di cui ha guidato la redazione provinciale.
Memorabili e struggenti i racconti, per “Cronache Irpine”, dei terribili momenti del terremoto del 1980.
Si è dedicato all’insegnamento, come Professore e poi come Preside (così si chiamavano in quel periodo i Capi di Istituti Scolastici ) ed è approdato in Politica, come Consigliere Provinciale, ma soprattutto coordinando la classe politica democristiana irpina intorno a “Cronache Irpine”, con firme di prestigio, come quella di Antonio Aurigemma, l’indimenticabile “Nacchettino” .
Garbato, ironico, equidistante, mai fazioso, è stato l’archetipo del giornalista illuminato sia nella carta stampata che nei programmi televisivi.

Ma, per me, Peppino Pisano resta il compagno di banco delle classi del ginnasio presso il Liceo Colletta.
Quel banco condiviso per due anni, che mi fa riannodare i fili della memoria.
Penso al tema di italiano, per noi un incubo, per lui un piacevole diversivo; scriveva direttamente “in bella” sul foglio protocollo, senza correzioni, con una scrittura chiara e rotonda, a differenza del resto della classe che ricorreva alla “brutta copia”, da correggere e copiare nella versione definitiva.
Dopo un’ora al massimo delle tre a disposizione, “consegnava” il compito.
E penso a quello che era diventato quasi un rito, quando l’insegnante distribuiva a tutti noi il compito con il giudizio e ne tratteneva uno, quello di Peppino, che leggeva ad alta voce in classe come esempio del saper scrivere.
Bravissimo e creativo nel disegno, mi dedicò, per gli auguri della Pasqua del ’56 e quelli del Natale del ’58, due disegni, che ho gelosamente conservati, colorati, con pittura ad acquarello, su normali bigliettini da visita: il primo “fotografa” la piazza, con la luce ed i colori della primavera, di un piccolo Paese di Provincia, la “sua” Montefredane a cui era legatissimo; il secondo rappresenta il primo satellite artificiale, lo sputnik Atlas, lanciato in orbita intorno alla terra nell’ottobre del ’57, che, avvolto in una coperta, trasporta sotto la pancia un sorridente Bambinello.
Quei bigliettini, per farmi la sorpresa, me li inviò per posta dall’ufficio diretto dal papà verso cui aveva un’autentica venerazione.
Fummo assegnati a due diverse sezioni, ma ebbi la fortuna di reincontrarlo, perché, verso la fine degli anni ’60, mi spinse a collaborare con qualche articolo per “Il Corriere dell’Irpinia”, diretto allora da Angelo Scalpati e successivamente a partecipare al febbrile lavoro di impaginazione e stampa del giornale.
Fu così che misi piede in un luogo “sacro”, che ha rappresentato la storia del giornalismo e della politica irpina, la Tipografia Pergola, in Piazza Solimena, gestita in quegli anni da Fulvio, ultimo rampollo a stampare quel giornale, voluto e diretto inizialmente da Guido Dorso.
È inimmaginabile, oggi, il clima e la frenesia che si viveva nel lunghissimo pomeriggio, che precedeva la pubblicazione e la consegna alle edicole del giornale e che si protraeva a volte fino alla mezzanotte,.
Sento ancora il ticchettio dei tanti e bravissimi linotipisti, inconsapevoli pianisti di una musica ad altissimo volume, rapidi nel sostituire una sola sillaba, facendo attenzione a non rimetterla nel senso sbagliato o a cambiare un titolo, o a rivedere l’impaginazione per far posto alla notizia dell’ultim’ora; ed avverto ancora nelle narici l’odore acre dell’inchiostro e del piombo.
Di quel giornale, fui redattore della pagina sportiva, quella rosa per intenderci, prendendo il posto lasciato vuoto da Costanzo Zanforlin.
Con Peppino iniziammo, a marzo del ’61, una rubrica dal titolo “Viaggio in Irpinia” per evidenziare le bellezze dei principali centri della nostra Provincia, ma anche i problemi irrisolti spesso per l’inefficienza della macchina amministrativa. Le prime tre puntate furono dedicate ad Atripalda. Il titolo della seconda era emblematico - "Dai Borboni a Carlo Tozzi: corsi e ricorsi storici" - ad evidenziare una gestione non proprio democratica ed illuminata del Sindaco di un’amministrazione liberal-comunista.
Inevitabili le minacce di querela e prontissima la risposta suggerita da Peppino nell’introdurre la terza puntata: "temevamo di essere denunziati, ma dai Borboni!".

Il regalo più bello ricevuto è stato un quaderno di poesie inedite, che ho consegnato, dopo la sua scomparsa, alla moglie Cristina ed al figlio Luigi, trattenendo per me solo delle fotocopie.
Ne trascrivo qualcuna, con qualche annotazione per inquadrarla nel contesto in cui è maturata:

Questa la considero un autoritratto

AFFINITÀ
La mia vita somiglia
a un cespuglio di rovi :
fra gli immensi spini
qualche bacca matura.

E il mio cuore somiglia
alla neve caduta
che la scarpa profana
in pozzanghera muta.

Tra l’immane groviglio
voglio giungere al sole :
oh! Si, certo somiglia
a un cespuglio di rovi.

L’Amore per il suo Paese

SAGRA DI PAESE
Domani nel paese
la sagra della gioia:
le campane a distesa
e la festa nel cuore.

Preparano un po’ tutti
il vestito più bello;
le fanciulle si lavano
i capelli ribelli.

C’è folla nei negozi,
dal barbiere, per via:
domani v’è la sagra
dell’allegria.

Il richiamo della Musica

DESIDERIO DI CANTARE
Ho voglia di cantare.
Le cicale
sian benedette per l’eterno canto,
sia benedetto il tenero fringuello
ebbro di pianto.
Ho voglia di cantare
come fa la rana emersa dal pantano
come il garrulo grillo sovra il prato
trilla pian pano.
Ho voglia di godere.
Musica dammi in consolanti note
il tuo piacere.
Freddo pentagramma
disperdi al vento l’ultimo passaggio.
Con le tue note fai guizzar la fiamma
che pare spenta.

Stagioni a confronto

21 MARZO
Amore mio, ritorna primavera
ed apre la finestra ed i balconi,
con l’ugola fremente di canzoni,
la primavera dolce e lusinghiera.

Sorridile anche tu. L’avevi attesa
contando i giorni piena di impazienza
ed è venuta quasi di sorpresa
con aria di graziosa impertinenza.

È ritornata mentre che ci amiamo.
È ritornata quando sognavamo.
È ritornata con lo stesso ardore.
È ritornata, Amore!

L’autunno e la villa comunale di Avellino

AUTUNNO IN CITTÀ
L’autunno è sceso sulle strade stanche,
sui platani che, spogli e infreddoliti,
levano al cielo le squamose branche,
scarnificati, lividi, intristiti;

e sulla villa dalle piante spoglie
ch’alzano i rami accanto al sempreverde
superbo abete. Fruscia fra le foglie
la scarpa del passante e si disperde

per l’aria il fumo denso e profumato
dai tumuli che brucia il giardiniere.
Dov’è il frastuono della calda estate
e il rinverdire della primavera?

Dov’è più il risuonar dei tamburelli?
Che cosa fa più l’uomo dell’idrante?
Tutto è fuggito con i tempi belli
Tutto sol sole, tutto in un istante.

Cade la pioggia al ritmo consueto,
luce l’asfalto livido e inzuppato.
Ognuno ha in cuore un timido e segreto
rimpianto per il tempo ch’è passato.

CIAO PEPPINO

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UN MAESTRO, UN AMICO

- di FRANCO GENZALE -

Sono passati 25 anni, un quarto di secolo. Sembra ieri, quella mattina del 28 marzo 1998. Non era ancora spuntata l’alba quando squillò il telefono. La voce straziata di Filomena Labruna, un’amica e collaboratrice della redazione avellinese de "Il Mattino", mi comunicò la notizia: "Il Professore Pisano è morto". "Filomena, cosa dici? Come, quando?". "Un infarto, durante la notte". "Il tempo di vestirmi e scappo ad Avellino".
Abitavo a Passo di Mirabella. In quegli anni ero il capo della redazione irpina del quotidiano nel quale lavoravo dal 1976. Ero stato vice di Peppino per lungo tempo. Poi una pausa per dirigere la redazione di Salerno, quindi di nuovo ad Avellino, quando lui lasciò il giornale da pensionato e toccò a me prendere il suo posto per scelta dell’allora direttore Paolo Graldi.
Incredibile, assurda la sua scomparsa. Peppino non aveva mai smesso di lavorare. Dopo Il Mattino era andato a dirigere Irpinia Tv. Non era nuovo in televisione. Ma da direttore diede il meglio di sé. La sua nota quotidiana - asciutta, incisiva, inappellabile per chiarezza e rigore del contenuto - diventò uno "stile" invidiabile di giornalismo in video. Perché il professore, anzi l’ex preside, oltre ad essere un intellettuale di rara finezza culturale, era naturalmente coinvolgente, empatico. Il suo modo di parlare, nonostante l’accento marcatamente avellinese, lo rendeva simpatico, soprattutto credibile, affidabile: come aperta e rassicurante era (sempre) l’espressione del viso, innocenti e sinceri gli occhi, fedelissimo specchio della sua anima pura.
Bravissimo in video, ma eccellente - impareggiabile, a mio parere - dietro la macchina da scrivere. Nella scrittura Peppino aveva un linguaggio geniale, frutto di dote naturale e, insieme, d’una cultura immensa. I suoi resoconti delle partite di calcio - lui amava il giornalismo sportivo - erano capolavori letterari. Disdegnava le citazioni: le riteneva inutili sfoggi culturali, ostentazioni del nulla, incapacità di creare. Lui scriveva creando armonia, musicalità. I fogli A4 infilati lungo il rullo della Olivetti ne uscivano "spartiti" d’autore: mai una nota sbagliata, pause infallibilmente al posto giusto, niente aggettivazioni superflue, una straordinaria capacità di adeguare linguaggio, tono e ritmo alla fattispecie dell’argomento trattato. Perché Pisano era straordinariamente ferrato su tutto, e di tutto poteva scrivere con la medesima sapienza e coscienza: sport, politica, economia, cultura, nera e giudiziaria, costumi e spettacoli.
Spesso, dopo aver letto un suo pezzo, gli dicevo che se fosse nato in Lombardia, magari proprio dalle parti di Bergamo, avrebbe fatto dire di sé ch’era un clone di Gianni Brera. Lui si schermiva, replicava con un "Frà, non sfottere!". Ma io non sfottevo affatto. Tutt’altro. E lui lo sapeva. Tuttavia si schermiva perché Peppino non era soltanto un Signor Giornalista, un’Eccellenza Culturale, un Intellettuale con la I maiuscola e di rara Onestà. Egli era anche - anche inclusivo, non aggiuntivo - una Persona Umile, Buona, Generosa, Altruista, Leale, Seria. Era Uno di cui non potevi non essere amico se lo conoscevi appena un po’, e se il tuo animo era sgombro da invidie professionali.
Io non invidiavo Peppino. Per due ragioni, l’una più semplice dell’altra. La prima è nel Dna: non riesco a provare invidia per nessuno. La seconda è di consapevolezza e coscienza: ho sempre riconosciuto, dentro di me e pubblicamente, la superiorità culturale e professionale dei miei due Maestri di giornalismo: Nacchettino Aurigemma e Peppino Pisano. Insomma, ho risolto il problema all’origine. Anche per questo, ho di tutt’e due un ricordo bellissimo, che me li fa rivivere nel pensiero, ogni giorno, con immenso affetto ed eguale gratitudine.