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Politica&Dintorni

15.04.2021

A proposito di “un fatto politico nuovo"

- di Costantino D’Argenio (Rifondazione Comunista Avellino) -

Ho letto con attenzione l’editoriale del direttore Genzale e la sollecitazione al dibattito politico venuta da Amalio Santoro sulla necessità di un fatto politico nuovo in città e in Provincia, con l’orizzonte del Recovery Plan e della capacità di coglierne i frutti. Intanto l’analisi preliminare è che questo strumento è un inedito che ci permette di guardare con un po’ più di ottimismo al futuro, ma che si innesta sulla situazione drammatica di una crisi epocale di tipo economico e sociale, i cui risvolti non sono ancora chiari fino in fondo, essendoci noi ancora pienamente immersi. Uno degli slogan nati in questo periodo che mi sembra cogliere il punto è quello che recita: “non dobbiamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema". Ed è così per la pandemia, le cui cause sono da ricercare nel rapporto distruttivo che l’uomo ha realizzato negli ultimi decenni con la natura e il pianeta. Ed è così per le risposte che alla pandemia si stanno dando, a partire dalle politiche sanitarie, che hanno mostrato il fallimento delle politiche di ridimensionamento e privatizzazione della Sanità e della Ricerca pubblica, con l’umanità in balia delle multinazionali del farmaco e dei loro profitti. Non potrà essere quindi soltanto l’iniezione di ingenti risorse economiche a risollevare le nostre sorti, se queste risorse non verranno indirizzate verso un cambiamento radicale del modo di pensare i rapporti economici e sociali nella nostra società. Vale per l’Europa, vale per l’Italia e vale per l’Irpinia, dove il tutto si innesta su un territorio storicamente depresso, depauperato da emigrazioni vecchie e nuove.
Sanità e istruzione pubbliche di qualità, mobilità sostenibile e cura del territorio dal punto di vista ambientale, agricoltura, impresa e turismo a misura d’uomo e di natura, digitalizzazione accessibile e democratica, sono direttrici su cui muoversi a maggior ragione nella nostra provincia.
Ci si chiede se la classe politica sia all’altezza della situazione, e se ci sia la possibilità di mettere a valore le intelligenze che pure ci sono, a partire dai partiti politici al governo o dalle figure della filiera istituzionale. Non credo possano essere questi i punti di appiglio per il rilancio di un dibattito all’altezza della situazione, per la condizione comatosa dell’organizzazione dei partiti e per la totale autoreferenzialità delle figure istituzionali, che dalla Regione al Comune, si nutrono di consenso propagandistico e di cultura del comando fine a se stesso. Potrà essere solo la cittadinanza nel senso più ampio, come rete di cittadini, associazioni, mondo della cultura, organizzazioni politiche che si mettano a servizio, a poter realizzare quel “fatto politico nuovo”, che sia in grado di prefigurare e gestire i tempi che verranno. Alcune cose si muovono, ci sono dibattiti in corso, ma bisognerebbe uscire dalle ambiguità e decidere se restare ancorati alle dinamiche politiche clientelari che hanno soffocato questa terra per decenni, cambiando solo i nomi ma non le pratiche, oppure navigare in mare aperto per tentare un rinnovamento finalmente progressista e libero. Noi partiamo dalle esperienze fatte dal Centrosinistra Alternativo in poi, con la consapevolezza di non aver colto ancora in pieno il risultato, con la voglia di sviluppare e aprire vecchie e nuove interlocuzioni, ma con la schiena dritta e la radicalità necessarie.