08.10.2021
Ancora in preda ai fumi del brindisi per l’insperato risultato alle amministrative di domenica e lunedì scorsi, il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, ha cominciato a sognare e timidamente ad evocare la nascita di un nuovo Ulivo, che egli immagina ancor più ricco di “rami” di quello originale che fu piantato negli Anni ‘90 da Romano Prodi e Arturo Parisi. Infatti, la sua idea è di mettere insieme un’alleanza che dovrebbe ricomprendere tutte le forze del centrosinistra storico – Pd, Leu, Verdi, Socialisti – allargato al M5S, Italia viva, Azione ed altre forze centriste”.
I rilievi critici, equivalenti a inequivocabili rifiuti, non si sono fatti attendere.
Giuseppe Conte, mai chiaro e spiritoso come stavolta, anche se è assai probabile che si rimangerà tutto, ha detto: “Non ce lo vedo il M5S a fare un ramo dell’Ulivo. Noi la transizione ecologica l’abbiamo nel Dna e siamo un albero che dà ossigeno per conto nostro”.
Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno ripetuto, coerentemente, ciò che dicono da sempre: “Mai con i 5 Stelle”. Che equivale ad un messaggio indirizzato a Letta tipo: “Stai sereno, che l’Ulivo te lo seghiamo”.
Tutto sommato, non si può dar torto né a Conte, né a Renzi, né a Calenda. Perché, al fondo delle cose, l’idea di Letta è vecchia e logora: la solita Grande Ammucchiata indistinta e ingovernabile coperta – per stare alla botanica – dalla foglia di fico della deriva di destra.
Strano, in tutta questa storia, che Letta non abbia allargato anche a Silvio Berlusconi: da lui, che di Ammucchiate s’intende, avrebbe di certo potuto avere utili consigli, quanto meno sulla scelta della foglia.