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La Siringa

di Mila Martinetti

25.07.2022

Ma è davvero finito l’amore del PD per i 5 Stelle?

Sarebbe proprio il caso di dire: “Meglio tardi che mai!”. Il leader del Pd, Enrico Letta, ha capito molto tardi l’errore di rincorrere i 5Stelle, fino ad immaginare di poter costruire – addirittura – un’alleanza strategica di riformisti e progressisti con un improvvisato avventuriero come Conte, già alleato della Lega di Salvini, e poi del Pd, pur di restare incollato alla poltrona di Palazzo Chigi.
Ma la domanda è: seppure molto tardi, il segretario dem lo ha capito davvero?
A leggere la sua lunga e interessantissima intervista pubblicata ieri da “la Repubblica”, si direbbe che in via teorica lo ha capito. Alla domanda: “... C’è ancora una possibilità che anche Conte faccia parte della coalizione elettorale” che egli ha immaginato, e cioè aderente “... ad un progetto politico nel solco condiviso dalle forze che hanno dato la fiducia al governo Draghi?”, Letta risponde: “No. Il percorso comune si è interrotto il 20 luglio e non può riprendere, è stato un punto di non ritorno. Avevo avvertito Conte che non votare la prima fiducia sarebbe stato lo sparo di Sarajevo”.
Tutto chiaro, anzi chiarissimo, dunque. Ma solo in teoria. Perché in un altro passaggio dell’intervista, alla domanda: “Dica la verità, lei ha già le idee chiare su chi imbarcare e chi no. Esatto?”, il leader Pd risponde: “Martedì (domani, ndr) ne parlerà la direzione del partito, sono abituato a decisioni collegiali, non a colpi di testa o personalismi…”.
Al di là delle ottime intenzioni “teoriche” di Letta, ecco il punto “pratico” della questione: ne parlerà domani la direzione, ergo nessuna decisione “collegiale” è stata ancora presa.
E se domani, ad esempio, dovesse accadere che i più fraterni amici dei 5Stelle – Orlando, Provenzano, Boccia, giusto per fare qualche nome – mettessero in discussione la linea del segretario, magari in asse “esterno” con Articolo 1 ed altri irriducibili tipo Bersani, cosa farebbe Letta: un passo indietro, lasciandosi convincere dalla già serpeggiante e usurata linea di certa sinistra secondo cui “la priorità è battere le destre”; oppure tira fuori le palle e mantiene la barra dritta per difendere fino in fondo e una volta tanto, anche a costo di perdere, un principio di coerenza politica che è, insieme, anche etico?
Il dubbio ci sta tutto, lo suggerisce la storia. Ma il martedì della direzione Pd è domani, non chissà quando; e le elezioni si terranno esattamente tra due mesi, non tra due anni. Insomma, il tempo per eventuali bluff non c’è. Forse anche per evitare l’ennesimo teatrino, il nostro Grande Presidente della Repubblica ha voluto procedere con la massima fretta: la ricreazione è finita per tutti; ed era ora!