09.07.2022
Tribunale di Torino. Il fatto in estrema sintesi. Lei era nel bagno fatiscente di un locale nel centro di Torino. E quando si ritrovò addosso l’amico gridò: “Ma che c... fai, non voglio, smettila!”. La denuncia per stupro. Per il Gup del primo grado si era trattato senza alcun dubbio di violenza sessuale. Rito abbreviato: condanna a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni.
Ma tutto cambia in appello. Assoluzione, con la seguente motivazione: “... Non si può affatto escludere che al ragazzo la giovane abbia dato delle speranze, facendosi accompagnare in bagno, facendosi porgere i fazzoletti, tenendo la porta socchiusa: aperture certamente lette dall’imputato come un invito a osare. Invito che l’uomo non si fece ripetere, ma che poi la ragazza non seppe gestire, poiché un po’ sbronza e assalita dal panico”.
Cosa dire? Più che una sentenza penale, sembra il racconto di chi ha guardato compiaciuto la scena dal “buco della serratura”: non il provvedimento di un giudice, ma la sceneggiatura morbosa d’un film di Tinto Brass.