01.12.2024
È una escalation inarrestabile. Non passa giorno che il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, non ne spari una sempre più rumorosa per attirare l’attenzione, per mettersi al centro della scena, per “salire in politica”. Insomma – per dirla con Tommaso Labate, ieri sul Corsera – per dimostrare che lui “è il più a sinistra di tutti”.
Quale sia il suo vero obiettivo è difficile dire. Secondo alcuni commentatori politici, decisamente Landini-simpatizzanti, sta cercando di scalare la vetta più alta dell’attuale Pd, ovvero prendere il posto di Elly Schlein. Secondo altri, evidentemente con i piedi ben più saldi a terra, sta solo cercando di guadagnare uno scranno in Parlamento alle prossime elezioni.
Fatto sta che dall’invocazione della “rivolta sociale”, gridata giorni fa, è passato nel giro di poche ore ad attribuire a Giorgia Meloni la volontà d’un “tentativo serio di svolta autoritaria”, riservando invece a se stesso il compito di “rivoltare questo Paese come un guanto”. Un’impresa, quest’ultima, già promessa e tentata anni fa da Beppe Grillo e Compagnia grillina (loro parlavano di “calzino”, non di guanto) e che sta ingloriosamente volgendo al termine nel modo penoso che le cronache raccontano.
Vedremo come andrà a finire. Allo stato delle cose, un rischio per Landini c’è se continua con il passo “para-rivoltoso” della sua deambulazione politico-sindacale. Il rischio è che, dall’aldilà, la Buonanima dell’impareggiabile Fortebraccio riscriva per lui - adeguando nome del protagonista, ruolo e luogo - uno dei suoi più gustosi corsivi, all’epoca dedicato al ministro Nicolazzi. Recitava così: “Eravamo fermi sui gradini del portone maggiore del palazzo, quando arrivò, fermandosi davanti alla sede della Cgil, una grossa macchina blu. L’autista, rapidamente, corse a spalancare la portiera posteriore di destra. Non ne scese nessuno. Era Landini”.