04.04.2022
Di fronte al cinico gioco al massacro di Putin, e forse anche di fronte alla sfrontatezza dei filoputiniani di casa nostra, i “sinistri” seppelliti dalla storia ma di nuovo vaganti come zombie tra un talk show e qualche intervista dei giornali, alla fine ha perso la pazienza perfino Papa Francesco.
Fino ad ora, probabilmente per favorire dialogo e residue possibilità di pace, si era mantenuto molto al di sopra delle parti nonostante l’evidenza inappellabile di chi fosse il boia e chi la vittima tra Russia e Ucraina.
Ma venerdì, da Malta, il messaggio di Francesco al mondo è stato alto, forte e inequivocabile. Senza mai fare il nome di Putin, né quello della Russia, ha puntato il dito contro la “seduzione dell’autocrazia”, “il nuovo imperialismo, l’incapacità di gettare ponti”. Ha parlato di “un potente tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti”, di “uno che provoca e fomenta conflitti”.
A differenza del Patriarca di Mosca, Cirillo I (Kirill), legato a doppio filo con Putin, che esalta l’invasione dell’Ucraina come “guerra necessaria contro l’Occidente che è il Male”, il Pontefice dice che “Di compassione e di cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi, che si nutrono di odio e non hanno a cuore la vita concreta della gente”.
È in queste opposte visioni – il plauso alla guerra e l’invocazione della pace – la distanza incolmabile tra un Grande Papa come Francesco e un piccolo maggiordomo della dittatura putiniana come un Kirill qualsiasi.